Del precedente abitato di Tâbis (Tavi) il geografo arabo Muhammad Al Idrisi nel 1154 osserva un “bel castello ed elevato fortilizio, con terre da seminare e acque. Dal suo territorio nasce il Dittaino, e corre al levante finché non si scarica il Simeto a poca distanza dal mare”. Tavi probabilmente sorgeva dove oggi si snoda la parte più antica, il quartiere che ospita la Granfonte (1652), monumentale macchina idraulica con un edificio a parete di gusto barocco romano. L’acqua sgorga da ventiquattro cannoni giungendo nella vasca abbeveratoio sottostante, da questa verso il retro della fontana e da lì oltre le mura dove alimentava i lavatoi e ancora oltre la filanda, i mulini e le saje in terra battuta dei fecondi campi irrigui allora coltivati a cotone, canapa, lino, riso. La forma è quella di una estesa ed alta quinta muraria, cesellata da nicchie ad arco che guardano verso la vallata sottostante aprendo all’evocativo paesaggio rurale e lasciando fare il resto alla luce, resa potente dal vasto orizzonte, vera protagonista della scena con riflessi abbaglianti di giorno, che raggiungono la massima espressione al tramonto. Nel vasto progetto celebrativo dell’acqua, la prima fontana monumentale voluta dal principe Branciforti è però quella delle Ninfe, divinità acquatiche della mitologia classica custodi di fonti e sorgenti e si presenta come un elegante arco trionfale celebrativo della nascita del Crisa, nume tutelare dei luoghi.
Il raffinato ordito urbano di Leonforte rivela come la fondazione, pur inscrivendosi nella politica economica del Regnum Siciliae volta ad incrementare la produzione di beni agricoli, in particolare di grano, per soddisfare la domanda crescente, sia esito della potente suggestione esercitata sul principe dalla fastosità dei luoghi, così da volerne fare una prestigiosa corte feudale attorno alla splendida dimora di palazzo Branciforti, eretta su un bastione che domina sulla vallata del Crisa Dittaino e su quello che doveva essere il primo centro medievale del casale di Tavi. Il tessuto urbano regolare disegna la forma antropocentrica di un uomo disteso, la cui testa corrisponde con i propri emisferi alle sedi dei due poteri, quello spirituale, il Duomo di San Giovanni, e quello temporale, il palazzo feudale. La piazza centrale, oggi piazza Margherita, rappresenta le viscere metabolizzanti, rette sulle gambe, la forza lavoro dei suoi coloni, disposte a cavallo dello slargo che un tempo si apriva lì dove oggi viene identificato u chianu de pipituna, probabilmente una corruzione dello spagnolo Llano de los pedones. Ai piedi della bastionata del palazzo, rimane un quartiere a tessuto medievale, contorto ed attraversato dalla strada reggia Enna Catania che qui incontra le sorgenti del Crisa Dittaino.
