Calascibetta

La posizione dominante di Calascibetta attiene alla natura delle rocce su cui si erge, come racconta il toponimo arabo qalat (castello eretto su un monte) e xibet (altura). Si tratta principalmente di calcari, marne e arenarie che sostengono le costruzioni ocra della peculiare pietra xibetana, dando l’impressione dell’emersione di un’isola rocciosa, come nella veduta realizzata da Alvar Aalto nel 1952 durante la sua visita in Sicilia. La conformazione geologica ha offerto all’insediamento un vantaggio strategico fin dalle prime frequentazioni umane, testimoniando un’interazione millenaria tra l’uomo e il suo ambiente geologico.

La spontaneità dell’insediamento rupestre e, insieme, la sua complessità si spiegano anche per la conformazione della calcarenite, facile da incavare e tuttavia resistente a sfaldamenti e crolli, come nelle grotte scavate nella roccia viva, utilizzate come prigioni in epoca medievale ma testimonianza di insediamenti rupestri bizantini, ancora ben visibili lungo la Via Carcere, che si apre in cima alla tortuosa via principale che conduce in alto nell’area un tempo del castello, con la torre superstite della fortificazione normanna, poi del Duomo costruito a partire dal 1340 e destinato per privilegio regio ad essere “Cappella Palatina”, a riprova dello splendore conosciuto in epoca normanna.
Spettacolare la vista panoramica che si offre sia dal lato meridionale, con l’imponente mole di Enna, che su quello settentrionale, con la lunga sequenza della montagna del Val Demone e con la vicina Altesina scura di boschi svettante dal fondovalle.

Le pietre di Calascibetta, attraverso il patrimonio geologico e costruito, sono capaci come vedremo di raccontare una storia millenaria, dalle necropoli preistoriche al passato arabo e normanno, nella conservazione di un contesto paesaggistico che restituisce l’estremo fascino dell’entroterra siciliano.

La Mappa di Comunità racconta il territorio attraverso lo sguardo di chi lo vive: un patrimonio condiviso di memorie, luoghi e saperi che rafforza il legame tra cultura e identità locale.

Geositi

Coralli di Cacchiamo

A sud del centro abitato di Cacchiamo, nei pressi delle Case Cocuzza, lungo il corso del torrente Lettiga, affiora un gruppo di 4 scogliere coralline che giacciono direttamente sulle quarzareniti del Flysch Numidico precedentemente deformate o sulle argille tortoniane. Immaginiamo un’antica distesa d’acqua, la Tetide, che milioni di anni fa ricopriva gran parte del nostro pianeta. In un periodo chiamato Tortoniano superiore e poi nel Messiniano inferiore, che corrispondono a circa 10-7 milioni di anni fa, la Tetide fu protagonista di una vera e propria esplosione di vita sottomarina. Fu in quel momento che le barriere coralline, come quelle che oggi ammiriamo nei mari tropicali, iniziarono a colonizzare questi antichi fondali. Non si svilupparono ovunque, ma prediligevano le acque poco profonde, proprio lì dove i fiumi e i corsi d’acqua portavano con sé sabbia e detriti. Era come se i coralli trovassero il loro habitat ideale ai margini delle grandi “montagne” di sedimento lasciate dai fiumi e dai mari di allora, sedimenti che oggi conosciamo come la Formazione Terravecchia. In pratica, questi coralli costruirono le loro città sottomarine in zone strategiche, sfruttando le condizioni perfette di luce e disponibilità di nutrienti, creando un paesaggio marino ricco di vita. In Sicilia centrale affiorano tre nuclei biocostruiti (Monte Corvo, Rocca Limata, Cacchiamo) di cui quello di Cacchiamo è il più orientale. L’affioramento dell’ennese, oltre al gruppo di Case Cocuzza, si estende al nucleo dell’anticlinale di monte Sambuco, a sud ovest di Cacchiamo sulle sponde del fiume Morello. Le biocostruzioni giacciono sul fianco settentrionale di Cozzo Partesina e occupano la culminazione di alti strutturali del Flysch Numidico. Esse costituiscono le parti più elevate del sistema a falde che ha ricoperto, durante il Serravalliano, le unità più esterne costituite da marne ed arenarie glauconitiche (rocce sedimentarie con un aspetto verdastro). Le scogliere coralline di Case Cocuzza si estendono per una lunghezza che va dai 5 ai 100 metri e possono essere spesse fino a 23 metri. Sono formate da tipi specifici di coralli, come le colonie di Porites e Tarbellastraea, e ricoperte da uno strato di fango calcareo finissimo (le croste micritiche), che le ha cementate e protette nel tempo.

Lave di Pizzo S. Agostino

A sud di Monte Altesinella, vicino a Cozzo Sant’Agostino, si riescono a distinguere rocce sedimentarie del Triassico e dell’Eocene, spesse circa cento metri tra cui spicca una roccia vulcanica scura, un dicco diabasico (roccia formata dal raffreddamento del magma, che si trova spesso sotto forma di filoni o strati quasi verticali) di colore verde e aspetto compatto, spesso due metri e mezzo e quasi verticale, che conserva ancora la sua magnetizzazione originale. Questa roccia, simile a quella che si trova a Leonforte, ha una composizione che indica la sua formazione in un ambiente sottomarino dove la crosta terrestre si stava separando, tipico di fondali oceanici o di zone dove le placche tettoniche si allontanano. Queste rocce sedimentarie sono come schegge di roccia che si sono incastrate a causa dei movimenti della Terra in un’alternanza di marne e calcilutiti con fossili microscopici. A volte si trovano anche strati di rocce calcaree più grossolane ridepositate da correnti sottomarine. Questo insieme è parte della Formazione Mufara, o Flysch Carnico, molto diffusa in Sicilia. Sopra queste rocce triassiche si trova un’altra alternanza di rocce, spessa circa 20 metri di calcilutiti con selce e marne rosa-biancastre dell’Eocene inferiore, molto deformata.
Questa successione triassico-eocenica è “inglobata” tra due unità di Flysch Numidico. Si è formata lungo un’antica scarpata continentale che collegava un bacino profondo a una piattaforma carbonatica (mare poco profondo) con barriere coralline. L’intera struttura è stata poi coinvolta in grandi spostamenti di blocchi rocciosi verso sud nel Miocene medio, durante la formazione della catena del Maghreb, e ulteriormente deformata nel Pliocene inferiore. Il Diabase è una roccia magmatica scura, verde e compatta, che si trova in filoni.

Contrada Erbavuso

In contrada Erbavuso (al km 99,5 della SS 121 superato il bivio per Calascibetta), oltre al panorama che permette di spaziare tra Enna, Leonforte, Calascibetta, l’Etna e il lago Nicoletti, merita particolare attenzione un masso erratico di Flysch Numidico che appartiene all’unità di Monte Salici, dalla forma di base tondeggiante e dal diametro di circa 50 m che emerge tra le argille anch’esse numidiche, coltivate a fave. Sulla scaglia si erge un grosso masso, alto circa 1 metro, dalla forma a goccia perché scheggiato da un lato. Percorrendo le pendici di Cozzo Rizzo affiorano, con buona esposizione le quarzareniti del Flysch Numidico nella loro componente, non litoide, come di solito è più facile osservare, bensì friabile. Una crosta rossastra per l’ossidazione degli elementi ferrosi racchiude una sabbia finissima di colore prevalentemente bianco o giallo pallido, ricca di granuli quarzosi a spigoli arrotondati, trasparenti o opachi, aventi dimensioni centimetriche. Presenti, inoltre, numerosi noduli ferro manganesiferi dalle dimensioni di pochi centimetri o decimetrici. Spettacolari le forme di corrasione eolica che interessano il fianco esposto a sud di Cozzo Rizzo, ricoperto da fichi d’india e intensamente fessurato e fagliato. Belle a vedersi sono, inoltre, le scaglie subverticali di quarzareniti numidiche che emergono, per erosione differenziale, come spuntoni tra gli alberi.

Patrimonio archeologico

Necropoli di Realmese e Malpasso

Il territorio di Calascibetta è caratterizzato da un altopiano di arenaria che per le sue caratteristiche geomorfologiche, la ricchezza di sorgenti d’acqua e la fertilità dei campi, ha costituito la sede ideale per il popolamento umano, testimoniato dalla presenza lungo i costoni rocciosi di numerose necropoli a grotticella artificiale, mentre la presenza di frammenti fittili sul terreno, documenta oggi l’unica traccia degli antichi insediamenti abitativi, quasi totalmente scomparsi, ubicati sui pianori soprastanti le necropoli.
Ricognizioni e campagne di scavo realizzate in anni recenti hanno consentito di inquadrare cronologicamente l’utilizzazione della necropoli in due fasi principali: la prima di età protostorica (metà IX-metà VII sec. a.C.), la seconda di età arcaica (metà VII-secondo quarto VI sec. a.C.). Una riutilizzazione sembra essere avvenuta successivamente in epoca bizantina quando alcune tombe, le più grandi e quelle più facilmente raggiungibili, vengono destinate ad uso abitativo.
La necropoli di Realmese, così chiamata dal nome della vicina contrada, è rappresentata da tombe a grotticella artificiale prevalentemente a forma circolare o rettangolare. La maggior parte è dotata della copertura a volta convessa tipica delle tombe a forno. Lungo i due lembi del costone roccioso del vallone Calcarella, si estende un’alta necropoli con tombe a grotticella risalente all’età del Bronzo finale: si tratta di oltre 100 tombe scavate nella calcarenite locale con pianta circolare o quadrangolare.
Tuttavia, il sito più antico è rappresentato dalla necropoli di Contrada Malpasso distante pochi chilometri dal centro abitato di Calascibetta, composta da un piccolo gruppo di tombe a grotticella scavate nella roccia risalenti alla tarda età del Rame in Sicilia, databile tra il 2500 e il 2000 a.C. Particolarmente rilevanti sono le cosiddette “tombe a grappolo” caratterizzate da vari ambienti comunicanti tra loro, a pianta approssimativamente circolare e disposti a quote a volte sensibilmente differenti. La presenza di più celle nella stessa tomba testimonia l’introduzione del rito della sepoltura collettiva e ne costituisce il più antico esempio nell’isola.

Canalotto

L’insediamento rupestre di Canalotto mostra tracce di frequentazione che vanno dalla tarda età del Rame, fino ai giorni nostri ed è testimonianza di una delle più significative dominazioni della Sicilia, quella bizantina, durata dal 535 all’827 d.C., quando si impone la conquista araba con l’occupazione di Palermo nell’831 d.C. scelta come capoluogo dell’isola. Nell’859 anche Castrogiovanni (Enna) veniva conquistata dal generale arabo El Abbas. Tuttavia, prima ancora dell’islamizzazione dell’isola l’habitat rupestre era già consolidato tanto che i nuovi conquistatori lo adottano in pieno, anche perché simile al tipo di insediamento presente nelle aree da cui provenivano, dove il trogloditismo era diffuso per ragioni climatiche e ambientali.
Il sito permette di osservare lo scorrere di civiltà di diversa profondità storica e provenienza nelle sopravvivenze emerse: tombe a grotticella di età protostorica, tombe a camera greco-arcaiche scavate nella roccia, strutture romane e tardo-antiche: arcosoli (nicchie ad arco usate per le sepolture) e columbaria (camere con tante piccole nicchie per deporre le urne cinerarie). A partire dall’epoca bizantina, molti di questi spazi sono stati trasformati e riadattati diventando luoghi di culto, come rivela la presenza di due chiese rupestri scavate nella roccia, e centri di produzione, come dimostrano i due palmenti (strutture per la spremitura di uva o olive) e altri ambienti dedicati alla lavorazione di materie prime. Evidenza della prolungata e operosa gestione del luogo, le opere di canalizzazione delle acque come il quanat, un sistema di gallerie sotterranee per la captazione e la raccolta delle acque, fra le testimonianze che caratterizzano la dominazione araba in Sicilia. Usate come rifugio durante la Seconda Guerra Mondiale, molte grotte hanno continuato a servire da stalle per animali fino alla fine del secolo scorso.
Per ragioni di salvaguardia e tutela del patrimonio archeologico e naturalistico, l’accesso al sito archeologico di Vallone Canalotto è consentito solo in presenza dei membri dell’associazione Hisn al-Giran affidataria della gestione.

Stanzìe

Sin dal Neolitico in Sicilia si coltivano i cereali ed in particolare il grano duro e ci si occupa della conservazione delle derrate. Con l’andare del tempo la sempre maggiore capacità di produzione, caratteristica del mondo produttivo siciliano, si vanno selezionando forme di immagazzinamento sotterraneo sollecitate dalla sapienza delle popolazioni indigene siciliane nella creazione di architetture a levare.
Tra le diverse tipologie di sylos scavati nella roccia, quelle presenti nell’area del Geopark prendono il nome dialettale di stanzìe. Si tratta di fosse generalmente di forma troncoconica, riempite a metà e accuratamente chiuse nella parte alta in modo che le derrate rimanessero isolate dall’ambiente esterno. La traspirazione vegetale della massa depositata esauriva celermente l’ossigeno dell’aria rimasta nella parte superiore della stanzìa creando così una saturazione di anidride carbonica e un ambiente sterile che garantiva la lunga conservazione. Larga fu la diffusione di queste fosse granarie tra la prima e la seconda guerra punica, quando gran parte della Sicilia centrale orientale doveva a Siracusa una tassazione pari ad un decimo delle proprie produzioni agrarie, che prima di essere trasportate nella capitale dovevano essere accumulate senza rischiare il depauperamento. Con la conquista romana dell’intera Sicilia e con la creazione della “provincia Romana” la consuetudine della decima in tributo divenne generalizzata e il trasporto delle granaglie fu basilare per il rapporto tra l’isola e Roma. I sistemi di conservazione tradizionale sono rimasti immutati sino praticamente agli inizi del XX secolo, con l’introduzione lenta ma inesorabile delle nuove tipologie di conservazione e di trasporto.

Via Annonaria

Assorbita prestissimo nell’orbita di Roma, la Sicilia fu di fatto per l’Urbe il granaio della Repubblica, tornando in epoca tardo antica a recuperare tutta la propria valenza economica. L’intervento romano sulla viabilità fu dunque precocissimo e, fatte salve rare eccezioni, limitato a mantenere tracciati preesistenti, spesso di età arcaica, identificabili con le vie di penetrazione della colonizzazione greca. Lo scopo era collegare i principali centri produttivi di prodotti agricoli e materie prime ai porti da cui si sarebbe provveduto all’imbarco alla volta di Roma. Di queste strade, dette “annonarie” perché utilizzate prevalentemente per la movimentazione delle granaglie, parla Cicerone nelle sue Verrine osservando, cosa stupefacente per il I secolo a.C., che il grano della città di Henna poteva essere trasportato in un solo giorno di viaggio sino ad uno dei tre porti, a nord Halaesa Arconidea (l’attuale Tusa), ad est Catania ed a sud Finziade, l’odierna Licata. Cacchiamo si trova ad un nodo cruciale della Via Annonaria Henna-Halaesa e per la stessa posizione privilegiata i feudatari decisero di formare il piccolo borgo attorno alla masseria fortificata.

Prodotti e saperi della terra

Piacentino Ennese DOP

Calascibetta rientra assieme a Enna, Aidone Assoro, Piazza Armerina, Valguarnera e Villarosa nell’area Geopark di produzione dell’aromatico formaggio stagionato a pasta pressata ottenuto da latte ovino, intero e crudo, con zafferano e pepe nero in grani. La produzione casearia comprende inoltre ricotta di pecora, sia fresca che infornata, utilizzata per molti piatti e dolci; canestrato vacchino PAT, formaggio dalla forma cilindrica e colore giallo, prodotto con tecniche tradizionali; pecorino locale, dal primosale al più stagionato e la tuma.

Cuffiteddi e sgrinfiati

Dolci natalizi xibetani a base di farina, ripieni di mandorle tostate e fichi secchi i primi, con mandorle e scorza d’arancia i secondi.

Feste e tradizioni

Festa di Buonriposo, sagra della salsiccia e Palio dei Berberi

La tradizione racconta che la statua della Madonna del Buonriposo fu ritrovata in una miniera di zolfo e divenne miracolosamente così pesante da non poter essere trasportata in paese, portando alla costruzione dell’attuale santuario nel luogo del ritrovamento. Qui ogni anno, tra il primo sabato di settembre e il lunedì successivo, si tiene la più grande festa campestre della provincia, in cui oltre alla decennale sagra (certificata col marchio di qualità dall’Unpli) si ripete il “palio dei Berberi”, un’evocativa corsa di corsa di cavalli a pelo.

Sagra del torrone di mandorle

Manifestazione estiva dedicata al torrone siciliano, dolce tipico a base di zucchero e frutta secca, mandorle, nocciole.

Kore Siciliae

Escursioni/Visite guidate

Associazione Culturale Hisn Al Giran
contatti: info@villaggiobizantino.it; +393283748553

Morsi d’Autore, attività someggiate
contatti: info@morsidautore.sicilia.it; +390935568172

Produzioni artigianali

Il Centro del Geoparco è un punto di riferimento aperto al pubblico, dove il territorio si racconta attraverso la cultura materiale: luoghi, oggetti e memorie che testimoniano il legame profondo tra le comunità e i paesaggi.

Geopark Center Macaluso

Nella frazione di Cacchiamo, borgo rurale paesaggisticamente e produttivamente ancora capace di rappresentare un’identità prototipale della Sicilia interna, si trova il Geopark Center Macaluso, in vista di alcuni importanti geositi tra i quali la bioherma dei “coralli di Cacchiamo”. All’interno del centro, guidati dall’associazione affidataria, è possibile seguire un percorso di conoscenza con elementi di multimedialità e pannelli divulgativi. In particolare la sala di accoglienza ospita contenuti esplicativi sull’intero territorio del Rocca di Cerere UNESCO Global Geopark; nell’atrio un plastico interattivo rappresenta l’area corallina; la grande aula didattica ospita la ricostruzione in scala del pagghiaro, abitazione rurale tipica del borgo, e la descrizione della Via Annonaria Henna Haleasa con la ricostruzione in sezione di una stanzìa, silos granario ieroniano; una sala ad alta immersività spiega la storia geologica del territorio del Geopark, dai Sill diabasici di Sant’Agostino e di Vignale, al Flysch Numidico, alla imponente e caratteristica presenza delle evaporiti messiniane; un’ulteriore sala ospita exhibit con i modelli in scala maggiorata, che consentono l’interazione tattile, del corallo creatore del rilievo recifale oggi fossile. L’intero villaggio, con la notevole Villa Masseria Bongiorno, è dotato di sistema di interpretazione.

Scopri il podcast Storie di Restanza