Piazza Armerina

In un contesto di estrema qualità e diversità naturalistica e ambientale, apprezzato già nell’antichità, che oggi ricade in parte nella Riserva Naturale Orientata di Rossomanno-Grottascura-Bellia, con un vasto patrimonio boschivo, distribuito su tre poggi nella zona in cui nasce il fiume Disueri, emissario del lago omonimo da cui sfocia il Gela, il monumentale centro storico d’impianto medievale in pietra arenaria rosata e mattoni in cotto si apre a notevoli palazzi rinascimentali ed un barocco di pregevole fattura artistica, attorno all’imponente Cattedrale che occupa la posizione più elevata della città.

In un ambiente abitato dal periodo protostorico, stando alle interpretazioni dei ritrovamenti archeologici di Monte Navone e in particolare di Montagna di Marzo, la città doveva essere fiorente in epoca romana, come dimostra la Villa romana del Casale del IV secolo d.C., che a sua volta simboleggia l’uso del territorio in età tardo-imperiale in quanto centro propulsore della grande proprietà sulla quale si basava l’economia rurale dell’Impero d’Occidente, e nell’impareggiato apparato musivo rivela le influenze reciproche tra le culture e gli scambi nel Mediterraneo antico tra mondo romano e area nordafricana.

Il centro attuale si colloca sul poggio della Mira, dove l’abitato è ricostruito nel 1163 per volere di re Guglielmo II, dopo la sua distruzione due anni prima a seguito di ribellioni della popolazione lombarda, seguendo un impianto che ancora rappresenta uno dei più antichi esempi di pianificazione urbana in tutta Europa. Oggi l’ampia parte storica mantiene visibile l’articolazione in quattro quartieri per un certo tempo divisi tra infeudati e liberi: il più antico è quello del Monte. Prende invece il nome dalle torri dette della Castellina (1337) la zona che si estende tra il castello aragonese e le mura fortificate, mentre Canali riconosce la dovuta centralità alla fontana pubblica con quattro “cannelle”, un lavatoio coperto e un canale che convoglia le acque verso la vallata del Nociara, un tempo area della produzione orticola della città; infine, il quartiere del Casalotto occupa un poggio che guarda il colle della Mira.

Tra le strette strade della città vecchia capita ancora di ascoltare una parlata che si averte subito come singolare nell’entroterra isolano. Si tratta di una derivazione “ligure-piemontese” detta pure gallo-italica o gallo-romanza, che costituisce una enclave linguistica allofona comune ad altri centri, come ad esempio Aidone, esito della commistione nell’XI e XII secolo tra la popolazione locale e le genti “lombarde” al seguito dei normanni, anche in funzione di contrasto alla prevalenza musulmana nell’isola. In particolare la casata aleramica acquisì rilevanza nel disegno di emigrazione, specie al termine della conquista normanna a fronte dello spopolamento di molti casali e l’abbandono dei centri abitati da parte dei musulmani e dei greci residenti.
Nota anche come la città “delle cento chiese”, oltre alla generosa presenza di architettura sacra e beni ecclesiastici che attraversa la lunga storia piazzese, dal 1200 ospita vari ordini religiosi, cavallereschi e ospedalieri, come nella zona delle “ruote degli esposti”, e l’intensa attività del Collegio dei Gesuiti, nelle cui strutture è oggi ospitata la biblioteca, un antiquarium e la Mostra permanente del libro antico.

La Mappa di Comunità racconta il territorio attraverso lo sguardo di chi lo vive: un patrimonio condiviso di memorie, luoghi e saperi che rafforza il legame tra cultura e identità locale.

Geositi

Pupi ballerini

Il nome, un po’ folcloristico assieme all’altro “pietre incantate”, si riferisce ad alcune formazioni rocciose presenti all’interno della Riserva Naturale Orientata Rossomanno-Grottascura-Bellia, nei pressi di Parco Ronza, lungo la S.S. 117 Enna-Piazza Armerina a circa 7,5 km a nord dal centro abitato di quest’ultima, dove è allestita una delle più grandi aree attrezzate della Sicilia, a stretto contatto con la presenza di animali selvatici come daini, istrici, capre, cinghiali.
L’origine di queste formazioni rocciose arenacee, composte principalmente da quarzo con percentuali variabili di calcare, ha suscitato a lungo confronti e interpretazioni diverse. In passato, la fantasia popolare le associava a storie immaginifiche e mitologiche, biasimando abitanti pietrificati durante danze sabbatiche. In seguito si sono affacciate ipotesi preistoriche e storiche, suggerendo che potessero essere menhir (megaliti eretti dall’uomo) o un allineamento di tipo dolmenico (tombe megalitiche). Sono stati condotti anche studi sulla loro possibile funzione rituale o calendariale legata ad allineamenti astronomici, sebbene la mancanza di reperti archeologici significativi nei dintorni non supporti fortemente queste teorie. La spiegazione attualmente accreditata da geologi, geomorfologi e archeologi rimanda infine a rocce naturali modellate dagli agenti atmosferici, in particolare acqua e vento. L’erosione, e nello specifico la corrasione (l’azione abrasiva di particelle solide trasportate dal vento), ha consumato e modellato la roccia più resistente, dopo aver rimosso le particelle più tenere ed erodibili, generando le suggestive forme che si possono ammirare.

Tripoli di contrada Bessima

Il termine “tripoli” indica una successione millimetrico-ritmica di diatomiti e marne, comunemente nota come “farina fossile” per la sua fragilità. Queste formazioni, originate da deposizioni di diatomee (alghe unicellulari) e materiali terrigeni, segnalano con la loro presenza un aumento di salinità e condizioni euxiniche (carenza di ossigeno) nell’ambiente marino originario. Tali condizioni favoriscono la morte degli organismi acquatici e la successiva conservazione della sostanza organica, portando alla formazione di fossili, ben visibili rompendo i depositi lungo i piani di strato. L’intera formazione del tripoli in generale testimonia una crisi di salinità avvenuta nel Messiniano circa 7,25 milioni di anni fa. Questa crisi fu probabilmente causata da un clima arido e dalla chiusura tettonica dello stretto di Gibilterra, che trasformò l’allora Mediterraneo in un immenso lago salato, con deposizioni irregolari dovute alle variazioni del fondale. A Contrada Bessima, a circa 9 km da Piazza Armerina lungo la SP 12, si trova uno degli affioramenti di tripoli più importanti della Sicilia. Si distingue per la sua estensione, per lo spessore e soprattutto per l’abbondante contenuto fossilifero, in particolare di ittiofauna (resti di pesci). Questa ricchezza ha permesso di stimare l’intervallo di deposizione in circa 140mila anni e di ricostruire l’aspetto paleogeografico dell’ambiente. Le specie fossili pelagiche (tipiche di mari aperti e profondi) e sub-tropicali caldi, con la loro commistione di specie mediterranee, atlantiche e indo-pacifiche, supportano l’ipotesi di una comunicazione tra il Mediterraneo e l’Oceano Indiano nel Miocene. L’assenza di insetti o piante terrestri tra i fossili conferma ulteriormente che la deposizione del Tripoli di Bessima avvenne lontano dalla riva. Nel passato, il tripoli di Contrada Bessima è stato utilizzato sia per ricerche scientifiche sia a scopo produttivo. La farina fossile trova impiego come agente filtrante, abrasivo, lucidante, coibente e componente della dinamite. È inoltre usata nei laboratori di analisi biologiche per i test di coagulazione del sangue e in agricoltura (aridocoltura) come agente antitraspirante.

Lago Olivo

Realizzato a metà degli anni ottanta del Novecento, il lago artificiale sul fiume Olivo è stato creato per potenziare le risorse idriche a scopo irriguo. La sua costruzione è stata favorita sia dalla morfologia del torrente che dalle condizioni geologiche: il terreno circostante è composto da litotipi poco o affatto permeabili, come le Argille marnose di Geracello, appartenenti alla Successione di Piazza Armerina. Il bacino ha una forma irregolare, che ricorda una mano che si insinua tra le montagne. Tuttavia, a causa delle scarse precipitazioni, raramente raggiunge più di due terzi della sua capacità massima. La composizione argillosa dei suoli lungo le sponde crea condizioni ideali per una ricca varietà di vegetazione, incluse specie acquatiche e semi-acquatiche, e favorisce la crescita di alghe, nonostante il fondale sia fangoso. È diventato inoltre un’importante stazione per l’avifauna, con una notevole presenza di aironi, sia stanziali che migratori. Ospita anche una diversa ittiofauna d’acqua dolce, oltre a numerosi anfibi, piccoli rettili e altri animali.

Rocche di Castani

Le Rocche di Càstani, situate in direzione di Valguarnera Caropepe e raggiungibili tramite la SP 8, sono modeste alture la cui struttura portante è composta da calcare di base. Questa formazione rocciosa risale a al Messiniano (circa 7,25 milioni di anni fa), succedendo stratigraficamente al Tripoli e segnando l’inizio della tipica successione evaporitica. Si presentano come una dorsale allungata in direzione est-nordest/ovest-sudovest, con pieghe a largo raggio. Le rocce sono stratificate in banchi metrici di colore grigiastro, bianco-grigiastro o rosato, occasionalmente intervallati da livelli marnosi, tripolacei e limosi. Gli strati possono apparire massivi, brecciati, pulverulenti o vacuolari; i vacuoli, formati da fenomeni dissolutivi, a volte contenevano cristalli di zolfo (calcare solfifero) si sono disciolti più facilmente conferendo un aspetto “cariato” alla roccia; sono state riscontrate anche impregnazioni bituminose.

Riserva Naturale Orientata Rossomanno-Grottascura-Bellia

La Riserva Naturale Orientata Rossomanno-Grottascura-Bellia si estende tra Aidone, Piazza Armerina e Valguarnera, collocata strategicamente tra il Lago di Pergusa, il Monte Rossomanno e le aree archeologiche di Cozzo Matrice e Montagna di Marzo. È un’area protetta atipica, creata per salvaguardare un ambiente naturale profondamente plasmato dall’uomo. Questa vasta riserva è un “polmone verde” che tutela un antico rimboschimento a conifere, accresciuto da piantagioni di eucalipto a partire dagli anni Cinquanta del Novecento. Nonostante la prevalenza di pino domestico ed eucalipto, ospita anche querce, lecci, sorbi, castagni e peri selvatici, oltre a una ricca vegetazione erbacea e arbustiva. Il paesaggio è dominato da altipiani sabbiosi (600-800 m s.l.m.) che con la facile erosione degli agenti atmosferici e dei corsi d’acqua creano scenari spettacolari. Ma la riserva è anche un parco archeologico immerso nella natura, che testimonia una profonda stratificazione di insediamenti umani sulle verdi colline che compongono il sistema orografico di Rossomanno, tra Valguarnera e Piazza Armerina, dove forme di vita antica sono documentate in un vario snodarsi di sequenze cronologiche e culturali, dall’Età del Rame (tra il IV e il III millennio a.C) ad età medioevale (XIV secolo) quando l’abitato fu raso al suolo. Le recenti campagne di scavo hanno fornito dati preziosi per comprendere la topografia di questo anonimo centro indigeno ellenizzato. Arrivando a Rossomanno dal bivio di Furma, si incontra per prima la necropoli di Rocca Crovacchio, dove sono state scoperte sepolture risalenti al VII-IV secolo a.C., significative per i loro riti (deposizioni a enchitrìsmos o a incinerazione). Le tracce più evidenti dell’abitato di età arcaica si trovano principalmente sulla collina adiacente, “Serra Casazza”, ma evidenze di abitazioni di età ellenistica e medievale sono sparse su tutte e cinque le colline. La collina successiva a Serra Casazza, procedendo da ovest a est, presenta un imponente sistema di fortificazione, parzialmente visibile nella sua complessa struttura di avancorpi e postierle che si estendono fino all’antistante Cozzo Primavera. Sulla sommità appuntita del Castellazzo si erge una costruzione medievale, probabilmente un torrione di avvistamento chiamato “degli Uberti”, dal nome dei signori del luogo. Infine, all’estremo sud di Rossomanno, si trovano i resti di un convento di monaci benedettini, ormai quasi completamente diruto, così come la basilichetta medievale di Serra Casazze.

Boschi di Piazza Armerina

Una vasta area caratterizzata da coperture boschive originarie alternate a zone rurali di agricoltura cerealicola ed ulivicola, con valli torrentizie ed un lago, l’Olivo, che rappresenta una significativa riserva d’acqua per le torride estati siciliane.

Patrimonio archeologico

Villa romana del Casale

A circa 4 km da Piazza Armerina si colloca uno dei maggiori complessi archeologici dell’intero periodo romano. La scelta del sito, affatto casuale, è dettata dalla disponibilità di abbondanti risorse idriche, come testimoniato dalla presenza di un complesso termale, direttamente collegata alla costituzione geolitologica e all’evoluzione geomorfologica dell’area. La villa sorge in una depressione morfologica su terreni sabbiosi, sabbioso-limosi e arenacei del Pliocene superiore-Pleistocene inferiore, appartenenti alla Successione di Piazza Armerina. Questi terreni, permeabili per porosità e fratturazione, permettono l’infiltrazione delle acque piovane che poi riaffiorano quando incontrano il substrato impermeabile (argille marnose) o strati a minore permeabilità (sabbie limose e limi sabbiosi).
La Villa del Casale, nel 1997 entrata nella lista del patrimonio dell’umanità dell’UNESCO, nonostante la monumentalità e l’unicità dell’architettura, è universalmente conosciuta per l’estesa e magnificente pavimentazione mosaicata (IV secolo d.). Il suo immenso valore storico-artistico è dovuto infatti agli oltre 40 pavimenti ricoperti da mosaico policromo in perfetto stato, disposti su una superficie di oltre 3.500 mq, che rappresentano un complesso unico al mondo per ampiezza, importanza e raffinatezza di rappresentazioni, per il valore artistico delle scene raffigurate attraverso i colori e la varietà dei soggetti e per il carattere narrativo che restituisce un affresco di scene di vita quotidiana, eroi e divinità, scene di caccia e di giochi.
La Villa continua ad essere abitata anche in epoca bizantina e altomedievale (V-VII secolo) e nel periodo arabo-normanno (X-XII secolo) era ancora frequentata come emporio e centro agricolo, a testimoniare l’ininterrotta frequentazione dell’area a scopo produttivo. Tra il XIV e il XV secolo si costituisce un nuovo centro agricolo denominato il Casale, da cui l’odierna denominazione dell’area archeologica. Successivi alluvioni e smottamenti hanno poi ricoperto l’area causandone l’abbandono ma garantendo la conservazione dell’eccezionale apparato musivo della Villa.

Montagna di Marzo

Il massiccio restituisce l’immagine di una grande città pre-greca e romana. Sviluppatasi su un antico villaggio indigeno, il centro dovette interagire con tutte le culture successive fino al Medioevo, espandendo le sue attività artigianali e i suoi insediamenti, inclusa una vasta rete di necropoli. Dall’acropoli, il sito domina la vallata con l’invaso Olivo e offre una notevole vista su altri rilievi di interesse archeologico come Rametta, Manganello, Polino e Balatella. Gli scavi iniziati nei primi anni sessanta del Novecento poi interrotti e ripresi solo in seguito, hanno rivelato un impianto urbano ortogonale (ippodameo) e un’occupazione continua fino all’epoca bizantina, riportando alla luce settori della città ellenistica e romana, confermando la sua notevole estensione e importanza. Il declino della città potrebbe essere legato all’assoggettamento alle esigenze di Roma, che trasformò la sua economia tradizionale basata su agricoltura intensiva, allevamento e artigianato, in una monocoltura estensiva cerealicola basata sullo sfruttamento di schiavi.

Musei

Palazzo Trigona. Museo della città e del territorio di Piazza Armerina

Il Palazzo dei Marchesi di Trigona della Floresta e Baroni di San Cono, comunemente detto Palazzo Trigona, sorge nella piazza Cattedrale, qualificando scenograficamente lo spazio urbano che lo accoglie. Edificato tra la fine del XVII secolo e la prima metà del XVIII, si propone come uno dei più autorevoli esempi di architettura civile del tardo-barocco siciliano. Il percorso museale immersivo accompagna la vista attraverso l’archeologia del territorio e un excursus storicoartistico dal medioevo al XX secolo. Il Museo offre anche un applicativo per conoscere il territorio, la storia, i protagonisti e le tradizioni culturali della città di Piazza Armerina attraverso itinerari consigliati.

Mostra permanente della civiltà mineraria

Mostra permanente allestita nella sede della Lega Zolfatai fondata nel 1903, finalizzata alla salvaguardia della tradizione legata all’estrazione dello zolfo della Sicilia centro-orientale. Si espongono numerosi cristalli di zolfo, miniature di calcheroni, forni Gill per la fusione dello zolfo, argani con relativi pozzi, vagoni su binari per il trasporto dello zolfo estratto, attrezzi delle varie fasi di lavoro, una nicchia con Santa Barbara protettrice dei minatori. Una rassegna fotografica monocromatica rappresenta le fasi estrattive e la trasformazione dello zolfo.

Costumi e tradizioni

Palio dei Normanni

Il palio dei Normanni o Cavalcata come viene chiamato dai piazzesi, rievoca il corteo di milizie normanne entrate nell’antica città di Plutia per contrastare la presenza saracena. La parata delle truppe si vuole capeggiata da Ruggero D’Altavilla che agendo in nome del Pontefice si propose di liberare i siciliani dal dominio musulmano, ripristinando la cristianità. Secondo la ricostruzione scenica dopo la conquista della Sicilia, le milizie normanne scelsero di stabilirsi nella nobile città di Plutia che divenne un luogo strategico per la conquista normanna. Gli abitanti entrarono ben presto in afflato col Conte Ruggero che per riconoscenza donò alla città il vessillo ricevuto dal Papa. La manifestazione, fortemente identitaria e partecipata, si svolge ogni anno con oltre seicento figuranti dal 12 al 14 agosto, quando si inscena il Palio o Quintana: una avvincente giostra fra quattro squadre di cinque cavalieri in costume d’epoca, rappresentanti quartieri Monte, Canali, Castellina e Casalotto, alla presenza del Conte Ruggero e dei dignitari cittadini. Vuole la tradizione che il vessillo sia l’effige Madonna delle Vittorie, oggi custodita nella Cattedrale.

Il Centro del Geoparco è un punto di riferimento aperto al pubblico, dove il territorio si racconta attraverso la cultura materiale: luoghi, oggetti e memorie che testimoniano il legame profondo tra le comunità e i paesaggi.

Monte Prestami

Il centro espositivo Monte Prestami ha sede nei locali settecenteschi dell’ex istituto di credito su pegno, attivo fino al XX secolo. Dedicato al Palio dei Normanni, il museo espone costumi, armi, stendardi e immagini storiche della rievocazione medievale che si svolge ogni anno dal 12 al 14 agosto. Oltre al materiale esposto, il percorso museale immersivo restituisce la storia della città normanna e la struttura del Palio, con postazioni multimediali, video e contenuti esplicativi che ampliano la conoscenza del contesto storico-culturale. Lo spazio allestito documenta inoltre l’impegno di decine di artigiani, figuranti e organizzatori che curano costumi e scenografie, consentendo in ogni edizione di dare forma al Palio e mettere in scena atmosfere che parlano alla memoria collettiva.

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